IL CAIRO 15 luglio 2012



Caffè, nella sala fumatori dell'aereoporto. Intorno a me si parla arabo. La città, dall'alto, è immersa nella sabbia. Color marrone; chiaro, scuro, sterminati palazzoni schierati. Mi viene in mente la foto di piazza Tahrir. Siamo qui di passaggio, ci fermeremo quattro ore prima di prendere il volo per Nairobi. Un caffè costa tre euro, scontato; ne costava tre e mezzo. Sembra di essere ancora in Europa, rinchiusi senza via di scampo in un aereoporto.
Cinesi indisponenti che giocano a carte nella smoking room dell'aereoporto. Poi un uomo, tunisino, che mi fa il favore di tradurre quello che un altro uomo in divisa militare dice in maniera incazzata e molto seria dalla televisione. Mi viene spiegato che l'opposizione militare della Siria vuole "buttare giu'" il governo di Assad. Mi racconta della Tunisia, primo Paese in cui il popolo si è sollevato contro la dittatura, nel gennaio dello scorso anno. Mi torna ancora alla mente la foto in cui viene sventolata la bandiera egiziana in piazza Tahrir. Una piazza piena, affollata, gremita.
Continuamo a parlare e mi dice che ora in Egitto la situazione è stabile: non ci sono grosse tensioni se non per l'esercito e i militari che fanno pressioni per prendere il potere. In Egitto la maggioranza è in mano ad un partito islamico che ha preso il 75% dei voti.
Mi parla della Libia, mi dice che Gheddafi era un pazzo; ora c'è un partito liberale al potere.
Lui andrà in Burundi, siamo sullo stesso aereo.

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