LA CANAPA A SERRANOVA

"Piantagione di canapa" - Serranova (br)


La Cannabis buona per tutto: fibre, carta, oli industriali. E depura i terreni inquinati

di Paola Bari
 » 5 giugno 2013 alle 18:07
BRINDISI – Utile per produrre fibre, un olio alimentare salutare, per bonificare i terreni (perchè assorbe i metalli pesanti) e nell’edilizia. Una vera a propria pianta delle meraviglie di cui non si butta via nulla. È grazie a tutte queste proprietà che il 29enne brindisino Andrea Carletti, socio di Assocanapa e presidente del consiglio di amministrazione dell’impresa agricola Le Terre del Sole, ha dedicato 12 ettari di terreno appartenente alla società alla coltivazione della canapa indiana, varietà francese “Futura 75”, un incrocio di semi a bassissimo contenuto di thc (0,2%), il principio attivo della Cannabis indica, destinandoli alla produzione di fibra tessile e semi per la produzione di oli alimentari.
 
La piantagione si estende nei pressi della riserva naturale di Torre Guaceto e rientra nel progetto “Hemp farm”, fattoria della canapa, abbracciato dal 29enne brindisino con lo scopo rilanciare l’agricoltura e puntare sempre più su nuove fonti di produzione delle materie prime. Il progetto è ancora in fase sperimentale, a breve ad Avetrana (Ta) nascerà un impianto di prima trasformazione di paglie di canapa, ma si spera anche di riuscire a raccogliere e produrre semi e fibra direttamente sui campi. La raccolta avviene prima della fioritura e la prima trasformazione consiste nella separazione della fibra dal canapulo.
Un progetto su cui Andrea Carletti sta lavorando da almeno tre anni, dopo la laurea in Relazioni pubbliche e pubblicità, una tesi sulle mobilità alternative e una lunga permanenza in Australia, un continente dove l’uso di questa pianta è già collaudato. “Avrei potuto investire con questo progetto in altri posti ma credo che Brindisi, ma tutta la Puglia, abbia tutte le caratteristiche per promuovere la coltivazione di questo arbusto. Ci tengo a precisare che in queste foglie non c’è il composto stupefacente (il thc) e che la mia piantagione può essere destinata solo alla produzione della fibra e dell’olio alimentare, diversamente nemmeno si troverebbe in questi terreni”.

 
Un aspetto importante per Brindisi di questa coltura riguarda le sue proprietà bonificanti dei terreni: “Queste piante fungono da pompe di calore, assorbono dal terreno metalli pesanti e li stoccano nella foglia e nel fusto. Potrebbe essere questo un modo per riutilizzare i terreni inquinati di Cerano. Anche in questo caso la pianta non andrebbe buttata ma riutilizzata nell’edilizia o nella produzione di olio industriale”. Si potrebbero quindi bonificare i terreni inquinati e allo stesso tempo produrre fonti di materie prime alternative.
“Con la canapa si può produrre anche la carta risparmiando le foreste, basta pensare che un ettaro di questa piantagione prodotta in pochi mesi equivale a un ettaro di bosco di quattro anni”. Da quanto si legge sul sito ufficiale di Assocanapa, (http://www.assocanapa.org/) l’unica associazione nazionale autorizzata per la vendita di semi certificati per il controllo di questa coltura, tutti possono dedicarsi alla produzione di canapa.

 
“I costi si aggirano intorno ai 5,50 euro al chilo, oltre iva del 10%, la lavorazione del terreno è come per qualsiasi semina, non sono necessari diserbanti, trattamenti antiparassitari, irrigazione (salvo casi eccezionali). Nei terreni più “magri” può essere opportuna una concimazione leggera. La raccolta avviene mediante falciatura, meglio se le bacchette sono tagliate in segmenti non superiori a 1 metro di lunghezza, la macerazione in campo per 30/40 giorni con conseguente rotoimballatura.
Per i ricavi, invece, oltre al contributo dell’Unione Europea sui seminativi, che varia da zona a zona e comunque da circa 100 a circa 450 euro per ettaro, la canapa produce mediamente 130 quintali di bacchetta secca per ha e sarà venduta all’attuale prezzo europeo di 15 euro/q per cui si realizzerà un ricavo medio per ha di 1.950 euro. Ricavi maggiori possono essere conseguiti eseguendo in proprio la prima trasformazione e se si recupera il seme e/o si fanno produzioni/lavorazioni di nicchia”.

fonte: http://www.brindisireport.it/agricoltura/2013/06/05/la-cannabis-per-bonificare-terre-inquinate/

Canapa - Assocanapa.it
http://www.youtube.com/watch?v=9Lb0O2uctAc

 

 Canapa (tessile)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
   





 
La fibra della canapa è ottenuta dal floema o libro dei fusti delle piante di Cannabis sativa.
Prima dell'avvento del proibizionismo della cannabis essa era diffusa nel mondo come materia prima per la produzione di carta, essendo una delle piante più produttive in massa vegetale di tutta la zona temperata[1]. Le sue fibre inoltre hanno costituito per migliaia di anni importanti grezzi per la produzione di tessili e corde[2]. Oggigiorno sono coltivabili legalmente per usi tessili varietà selezionate di cannabis libere da principi psicoattivi.

Caratteristiche agronomiche

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La canapa cresce naturalmente in zone dal clima temperato, ma può sopportare i climi più diversi. È seminata fitta per la coltura della canapa cosiddetta "da tiglio", che macerata e sfibrata dà la fibra tessile, e più rada per la coltura da seme, con piante più basse e più tozze, coltivate, oltre che per la seminagione, per la produzione di un olio particolarmente apprezzato per usi cosmetici e che per uso edibile raggiunge quotazioni commerciali paragonabili all'olio extravergine di oliva. La canapa può essere coltivata ripetutamente sullo stesso terreno dal momento che non lo impoverisce, bonificando e ammorbidendo la struttura dei terreni induriti da uno sfruttamento eccessivo con radici profonde e sottilmente ramificate. Può arrivare in alcuni casi fino a 7 metri di altezza, ed è una barriera ideale contro le impollinazioni di altre colture[4] dal momento che il suo olio è un antiparassitario naturale. In tre mesi dalla semina è pronta per il raccolto. Una volta estratta la fibra tessile o dopo aver raccolto i semi, rimangono la stoppa e in più la parte legnosa, o canapolo, che costiuisce non un semplice sottoprodotto, ma un'altra importante materia prima.

Carta di canapa

Con la stoppa della canapa si può fabbricare una carta di alta qualità, sottile e resistente, che in passato sostituiva la moderna carta prodotta dal legno d'albero sminuzzato e sbiancato con processi chimici.[5] Fabbricare carta dalla canapa comporta un vantaggio anzitutto per la sua enorme produttività di massa vegetale, e in secondo luogo perché la si può ottenere da un'unica coltivazione, insieme alla fibra tessile, ai semi, alle foglie e al legno del fusto. Un altro vantaggio è costituito dalla bassa percentuale di lignina rispetto al legno di albero, che ne contiene circa il 20%, oltre a un'analoga percentuale di sostanze leganti. Il processo per ottenere le microfibre pulite di cellulosa dal legno di alberi, e quindi la pasta per la carta, prevede l'uso di grandi quantità di acidi, impiegati per macerare il legno. Questa operazione, ad un tempo costosa ed inquinante e che si serve di derivati del petrolio, non è necessaria con la carta di canapa, ottenuta dalla sola fibra; mentre per ciò che riguarda il legno occorre meno della metà di acidi a base di cloro. Inoltre la fibra e il legno della canapa sono già di colore bianco, e la carta che se ne ottiene è dunque già stampabile. Per renderla completamente bianca ad ogni modo è sufficiente un trattamento al perossido di idrogeno (acqua ossigenata), invece dei composti a base di cloro necessari per la carta ricavata dal legno degli alberi, altamente inquinanti. Con le corte fibre cellulosiche del legno si può produrre la carta di uso più corrente, come quella di giornale, o il cartone.
Grande pregio della carta di canapa è di non ingiallire con il passare del tempo, come accade invece alla carta da legno. Ciò è dovuto alla sua bassa concentrazione di lignina: nel processo di fabbricazione della carta dal legno di alberi invece il legno spappolato è trattato chimicamente per annullare le proprietà coloranti della lignina, ma con il tempo questo trattamento tende a degradare e la lignina, se esposta alla luce, torna a riflettere le lunghezze d'onda riconoscibili nella fascia del giallo dello spettro visibile[6].
In sintesi, il vantaggio principale di una produzione di carta da piante di canapa piuttosto che dal legno degli alberi è in primo luogo che la canapa non necessita dell'impiego di acidi sbiancanti, che possono produrre diossina e inquinare i fiumi, e in secondo luogo fornisce in un anno una quantità di cellulosa sedici volte maggiore di quella ricavata dal legno d'albero.

Cenni storici sulla carta ricavata dalla fibra della canapa

 
Prima dell'industrializzazione le fibre più comuni per la produzione di carta erano quelle riciclate dagli stracci, ovvero da tessuti e cordami già utilizzati: si usavano gli scarti delle vele e del cordame delle navi, venduto dagli armatori come cascame per essere riciclato. Il resto della materia proveniva dagli abiti smessi, dalle lenzuola, dai pannolini, dalle tende e dagli stracci, fatti prevalentemente di canapa e talvolta di lino, venduti agli straccivendoli. Le fibre di questi erano appunto per lo più di canapa, ma anche di lino e cotone. La carta di canapa era dalle 50 alle 100 volte più resistente del papiro, e assai più facile ed economica da produrre. Fino al 1883, il 75-90% della carta di tutto il mondo era prodotta dalla fibra della pianta di cannabis, compresa quella di libri, Bibbie, mappe, banconote, obbligazioni, titoli azionari, quotidiani, e via di seguito. Alcuni documenti notevoli realizzati in carta di canapa sono la Bibbia di Gutenberg, del 1450 circa, il Pantagruel e l'erba Pantagruelion di Rabelais, del 1532, la Bibbia di Re Giacomo (XVII secolo), la Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America, i pamphlets di Thomas Paine (XVIII secolo), le opere di Mark Twain, Victor Hugo, Alexandre Dumas, Lewis Carroll (XIX secolo); insomma più o meno tutti libri prodotti dall'invenzione della stampa fino alla fine dell'Ottocento furono stampati su carta di canapa.
La carta di stracci, che contiene fibra di canapa, è quella di migliore qualità e la più durevole mai prodotta. In Italia la sua produzione terminò intorno agli anni cinquanta, progressivamente sostituita dalla carta prodotta dalle fibre del legname. Può essere strappata quando è umida, ma riacquista la sua completa resistenza una volta asciutta. Se non è sottoposta a condizioni estreme, la carta di stracci rimane stabile per secoli e non si consuma praticamente mai. Gli studiosi ritengono che l'antica tecnica – o arte – cinese della fabbricazione della carta di canapa risalga al I secolo, 800 anni prima che la scoprissero i paesi islamici, e da 1200 a 1400 anni prima che arrivasse in Europa. L'arte cartaria impiegata per la fabbricazione di questa carta resistentissima permise agli Orientali di lasciare in eredità ai posteri la loro conoscenza, così da poter essere accresciuta, investigata, raffinata, confutata e modificata, generazione dopo generazione.[8]

Storia della coltura della canapa in Italia

 
Per usi tessili ha un'antica tradizione in Italia, dov'era usata per realizzare corde e tessuti resistenti. Legata all'espandersi delle Repubbliche marinare, che l'utilizzavano grandemente per corde e vele delle proprie flotte di guerra. La tradizione di utilizzarla per telerie ad uso domestico è molto antica, le tovaglie di canapa in Romagna decorate con stampi di rame nei due classici colori ruggine e verde sono oggetti di artigianato che continuano ad essere prodotti ancora oggi.
Si calcola che nella sola Emilia-Romagna, nel 1910 vi erano 45.000 ettari di terreno coltivati a canapa, soprattutto nel Ferrarese, mentre il dato complessivo di tutta Italia portava la superficie a 80.000 ettari. Altro importante centro di produzione della canapa nel corso dei secoli è stato Carmagnola, in Piemonte. Fino all'affermarsi delle tecnofibre la canapa era indispensabile per la marina, per le vele e soprattutto le gomene. Carmagnola diventò il centro non solo di coltivazione, ma anche delle fasi di lavorazione e commercio per l'esportazione verso la Liguria e il sud della Francia, in particolare Marsiglia.
Anche l'industria di trasformazione del tiglio di canapa in filato e poi in tessuto ha un'antica origine. Già nel 1876 il Linificio e Canipificio Nazionale era una società quotata in borsa, una delle più antiche e longeve.
La coltivazione andò in crisi per la concorrenza, negli usi meno nobili soprattutto produzione di sacchi, della juta e successivamente del cotone e delle fibre sintetiche.
Nel 1975 quando fu inasprito il divieto della coltivazione della canapa indiana Cannabis indica e nello stesso tempo messe in atto severe normative per la canapa tessile, il settore fu del tutto abbandonato.
Una difficoltà obiettiva, con il restringimento della normativa contro gli stupefacenti, è data dalla somiglianza morfologica delle due specie di cannabis, nonostante la profonda diversità di contenuto di THC (tetraidrocannabinolo) il principio con effetti stupefacenti.
C'è ora la possibilità che il quadro cambi, per l'accresciuta sensibilità per le produzioni agricole non alimentari, i migliorati processi produttivi ma soprattutto per l'adozione di norme dell'Unione europea. Con una evidente contraddizione, quest'ultima con regolamento CEE n 1164 del 1989 prevedeva l'erogazione di un contributo comunitario pari a lire 1.300.000 per ettaro. Proprio negli stessi anni veniva emanato in Italia il DPR 9 ottobre 1990 n. 309 recante il "Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti" che menzionava il divieto di coltivazione della cannabis indica e nulla diceva a proposito della cannabis sativa. L'interpretazione corrente era stata, appunto quella dell'estensione del divieto.
I successivi regolamenti CE n. 1672/2000 e 1673/2000 ribadivano le sovvenzioni comunitarie e le autorità italiane si dovettero adeguare alle regole europee. Da qui i primi modesti tentativi di reintroduzione della coltura: 290 ettari nel 2002, 857 ettari nel 2003, 1.000 ettari nel 2004 con presenza in Emilia-Romagna, Piemonte e Toscana.

Normativa sull'etichettatura tessile [modifica]

In Italia la materia è regolata dal Decreto Legislativo 22 maggio 1999, n. 194, "Attuazione della direttiva 96/74/CE relativa alle denominazioni del settore tessile":
  • canapa fibra proveniente dal libro della canapa (Cannabis sativa) Sigla CA

Bibliografia [modifica]

  • David Celetti, Filati di canapa: attuali sviluppi di una tradizione antica. Il caso Stylfil Spa, in Annali di storia dell'impresa ASSI, vol. 19, Marsilio Editore, Venezia 2007, pp. 229–292.
  • David Celetti, Produzione, trasformazione e commercio della canapa nelle province venete in età contemporanea, «Archivio Veneto», 170 (2008), pp. 91–124.

Note [modifica]

  1. ^ una coltivazione della durata di tre mesi e mezzo produce una biomassa quattro volte maggiore di quella prodotta dalla stessa superficie di bosco in un anno
  2. ^ ora utilizzate soprattutto dagli idraulici come guarnizioni (vedi la voce Stoppa)
  3. ^ la più primitiva delle macchine per separare la fibra dal midollo
  4. ^ barbabietola in particolare
  5. ^ Vedi Carta#Fabbricazione
  6. ^ Articolo su Focus.it
  7. ^ La rinascita della canapa coltivazione ecosostenibile. la Repubblica, 3 luglio 2011
  8. ^ Jack Frazier. The Marijuana Farmers. Solar Age Press. New Orleans. LA. 1974


fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Canapa_(tessile)

approfondimenti:
 Documentario:
 THE HEMP REVOLUTION - La rivoluzione della canapa
http://ildocumento.it/droghe/the-hemp-revolution-la-rivoluzione-della-canapa.html

Articoli relativi: http://bari.repubblica.it/cronaca/2013/06/04/news/canapa-60379842/

http://www.repubblica.it/ambiente/2011/07/01/news/inchiesta_scelta_dai_lettori-18504536/

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